Un concentrato di alta tecnologia
Le strutture più piccole che il nuovo telescopio è in grado di risolvere sulla superficie del Sole misurano appena 25 km, all'incirca la lunghezza in cui si sviluppa la città di Roma da Nord a Sud. La capacità di ottenere immagini così nitide e con una risoluzione così elevata rappresenta il punto di arrivo di un lungo e complicato percorso, cominciato quasi tre decenni fa, quando furono stesi i primi piani per la costruzione del telescopio, che fu poi avviata effettivamente solo nel 2010. Il Daniel K. Inouye è un concentrato di alta tecnologia, che risolve brillantemente problemi ingegneristici molto complessi. La luce del Sole entra da un'apertura rotonda nella cupola dell'osservatorio e raggiunge direttamente lo specchio primario, che, con un diametro di 4,24 metri [3], è di gran lunga il più grande al mondo per un telescopio solare [4]. Costruito con un materiale vetro-ceramico chiamato Zerodur dotato di eccezionale resistenza al calore e alle deformazioni, lo specchio ha uno spessore di soli 75 millimetri e pesa 3,6 tonnellate. Il lavoro di politura, durato sei mesi e concluso nel 2015, lo ha reso così levigato che la massima imperfezione presente sulla sua superficie misura meno di due nanometri, cioè meno del diametro di un filamento di DNA. Sullo specchio è stato poi applicato un sottilissimo strato di alluminio, che serve per garantire la riflettività necessaria a produrre immagini ad altissima risoluzione. Ma, affinché le immagini siano realmente perfette, lo specchio deve mantenere inalterata la sua forma mentre ruota e s'inclina nel seguire il percorso quotidiano del Sole nel cielo. A tal fine, sulla sua superficie posteriore sono installati degli attuatori, cioè dei pistoni governati da sistemi idraulici e pneumatici, che ne modificano in tempo reale la forma, correggendo le piccole deformazioni causate dalla gravità e dal calore.